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Partito Democratico anticostituzionale… PDF Stampa E-mail
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PeggioreMigliore 
Inviato da Pietro Diaz   
domenica 13 aprile 2014
1. Il PD renziano (“ma anche”) berlusconiano (B.R., lo ha siglato sarcasticamente Rino Formica), per una sinergia che (d’altronde)ebbe fin dall’inizio, col partito berlusconiano: prima informale, allorchè si astenne dal fermarlo, all’ingresso del recinto costituzionale, quale aggregazione di forze neorazziste neofasciste neocleriste neoaffariste neoliberiste, neoscurantiste, eversiva dell’ordine costituzionale, subito riconoscibile come tale (perdippiù, fermabile con un solo tocco, una leggina sul “conflitto di interessi”); o allorché, invaso e occupato quel recinto da quel partito, si astenne da ogni opposizione (istituzionale o sociale); poi formale (la sinergia), allorchè dette maggioranza parlamentare al Governo Monti, maggioranza parlamentare e presenza ministeriale al Governo Letta, altrettanto al Governo Renzi, con l’aggiunta della segreteria del partito e di intese extraistituzionali orditrici di quelle istituzionali (cosìcchè, ovviamente, il PD, insieme all’indotto sociopoliticogiuridico, della sinergia, ha condiviso pienamente i tratti culturali, di quella aggregazione: basti ad esempio la neorazzista legge “Turco-Napolitano” sulla “immigrazione”);

il PD renziano e berlusconiano, si diceva, nella sua estrinsecazione di Governo della Repubblica, prendendo “ l’ iniziativa delle leggi” (art 71.1 cost) ripetutamente ( e così, “curando” la Legislazione, ovviamente, trascurando la Amministrazione – ad esempio socioeconomicofinanziaria – cui sarebbe inderogabilmente preposto dagli artt 95, 97 cost.); facendolo, inoltre, paranoicamente, nel solo ambito (della articolazione per rappresentanze elettive) della sovranità del Popolo (nelle Province ad es.), calpestandolo per insterilirlo, come se non emanasse da esso (per art 94 cost.: “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere”), ma lo emanasse; prendendo, dicevasi, “l’iniziativa delle leggi”, non nella materia “ordinaria”, alla quale esclusivamente, parrebbe essere vincolato dagli artt.70 ss cost (se “ciascun membro delle Camere”, o “cinquantamila elettori”, equiparati al Governo nella titolarità della iniziativa dall’ art 71 cost., non sottostessero, in ipotesi, al vincolo, ciò avverrebbe perché essi, immediatamente l’uno mediatamente gli altri, sono organismi legislativi, a differenza del Governo, ripetesi, organo amministrativo), ma nella materia “costituzionale”, anzi, di “revisione della Costituzione” (art 138 cost), se non, addirittura, nella materia “costituente” (vd dopo): come nel caso, eclatante, del “ddlgo” (in realtà, tuttora, una bozza d’esso, secondo lo stile essenzialmente “oroscopale” di quel PD: dopo la scrittura di questo passo si è avuta notizia della trasformazione della bozza in ddlgo) per la riduzione (invero, e confusamente, solo parziale: vd dopo) del “bicameralismo” a monocameralismo, non solo nella funzione legislativa (“ordinaria”: vd dopo) -quando il PD, nella iperlalìa renziana o nella ipolalia berlusconiana, parla di “abolizione del bicameralismo perfetto”, o non coglie il senso, tecnico, dell’aggettivo (significante non altro che doppia titolarità, camerale, della funzione legislativa), o non coglie il senso di ciò che fa (non si limita a quella funzione, come l’uso dell’aggettivo annuncerebbe, ma sconfina nella inelettività dei membri del Senato, nella loro promiscuità istituzionale e funzionale —senatori presidenti di regione, consiglieri regionali, sindaci…—e perfino territoriale – necessariamente ubiquitari — etc. : chi saprebbe dire perchè si pensò di scrivere, nell’art 122.2 cost., che “nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento…” ?);

1.1 prendendo, dicevasi, quella iniziativa (ripetesi, non nella materia legislativa “ordinaria” ma in quella “costituzionale”), perpetra “straripamento di potere” (sulla scia, invero, del Governo Monti – anch’esso, come questo, di origine non “parlamentare” ma “burocratica”, essendo stato promosso dal “Capo dello Stato” – il quale, ardito, infilò l’omologo disegno sulle Province in un “decreto legge”, poi dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale; e sulla scia del Governo Letta, marchiato dalla stessa origine), al punto che il ddlgo (che uscisse dalla bozza: vd nota sopra in punto), affetto da quel vizio giuridico, potrebbe ritenersi inammissibile alla trattazione (art 72 cost) camerale (dopo la scrittura di questo passo, il ddlgo è stato posto in discussione al Senato);

“straripamento” che perpetra, a sua volta, lesione dell’ordine costituzionale, da un “potere esecutivo” renziano-berlusconiano (ut supra) giuridicamente facinoroso ( per giunta gerente forze armate forze dell’ordine forze di finanza forze penali forze penitenziarie: forze che, strutturate gerarchicamente, sono per principio ademocratiche, per nota prassi antidemocratiche), incline ad azione non a riflessione (la querula e petulante protervia renziana ne è il segno), a coazione non a persuasione: un potere (escluso giuspoliticamente dal toccare la materia “costituzionale” o “costituente”) anticostituzionale.

2. Anticostituzionalità, la sua, peraltro, lungamente preparata, nella “seconda repubblica”: se, a quanto pare, “l’iniziativa delle leggi” governativa, durante essa, è stata duecento volte maggiore di quella parlamentare, è avvenuta “distrazione” della (pre)funzione legislativa, dall’organo amministrativo, e, corrispondentemente, incuria d’essa, dall’organo legislativo; e se la deliberazione legislativa governativa (per “decreto legge” ex art 77 cost), è stata, rispetto a quella parlamentare (per legge ordinaria o di delega di decreto legislativo) nella stessa proporzione, è avvenuta appropriazione, della funzione legislativa, dall’organo amministrativo, e corrispondentemente, abbandono d’essa, dall’organo legislativo (va comunque notato che la Assemblea Costituente non avvertì l’insidia, alla prerogativa dell’organo legislativo, della attribuzione, all’organo amministrativo – in via di “eccezione” purtuttavia prevedibilmente mutante in “regola” – della iniziativa e della deliberazione legislativa: come se fosse stata insensibile alla “separazione dei poteri” e alle condizioni giusnaturali dell’antifascismo reale).

Appropriazione governativa, dicevasi, della funzione legislativa, per “decreto legge” (corrispondente abbandono parlamentare d’essa, anche per la semiautomatica, quando non estorta dalla richiesta della “fiducia”, conversione del decreto in legge: art 77.2 cost.) non solo, ovviamente, in assenza delle condizioni di eccezione (“in casi straordinari di necessità e di urgenza”, per art 77.2 cost) alla regola della legge (ordinaria o di delega: artt 72 ss, 76 cost) parlamentare, ma anche in assenza dell’oggetto proprio, della materia decretabile, quando, la materia, fosse stata demandata interamente (“riserva assoluta”) o parzialmente (“riserva relativa”) alla legge; ciò che accade, generalmente, quando siano da togliere o da diminuire diritti soggettivi o collettivi o diffusi, e comunque quando lo si faccia mediante sanzioni (…che, per decreto, il Governo incarceri o non scarceri taluno, confischi su talaltro, è costituzionalmente eversivo…); rilevato, per giunta, che le materie riservate, in tutto o in parte, alle leggi ordinarie, sono prevalentemente materie “costituzionali”(si pensi a quelle che trattano i diritti socioeconomicopolitici degli artt 2 ss cost, o i diritti personali degli artt 13 ss Cost), e ritenuto che, queste, andrebbero (giuridicamente e sociopoliticamente) riservate alle ”leggi costituzionali” o di “revisione della Costituzione” (ove non sia ritenuto, non potrebbe tuttavia non esigersi, eccetto che dalla irresponsabilità politica del PD B.R., la necessità della deliberazione bicamerale della legge ordinaria).

Tanta estraneità (od ostilità) all’ordine (sociopoliticogiuridico) costituzionale ha avulso, Il Governo, dalla nozione stessa (anzitutto formale e poi materiale) della “legge” (della “repubblica democratica” a sovranità popolare, la legge che attui ricognizione di tutti gli interessi particolati –non escludendone alcuno, chè diverrebbe non sovrano ma suddito -, sintetizzi l’interesse generale e lo legiferi), come dalle nozioni degli strumenti e dei modi della sua produzione ( a cominciare da quelle delle norme su essa), come dalle nozioni della materia legislativa: così, l’ organo della Amministrazione, ha (preso “iniziativa..” o) legiferato in materia amministrativa (con “leggi-provvedimento”), ha amministrato in materia legislativa (con atti-provvedimento); e così totalmente perduto al senso pur elementare, prima che costituzionale, della Amministrazione e della Legislazione (in tanta estraneità, questo PD punta alla abolizione del Cnel, in Costituzione all’art 99, il Consiglio nazionale della economia e del lavoro, ceduto, da un ventennio, ad un berlusconiano della seconda “marcia su Roma”, perché lo strangolasse così che non disturbasse la Diseconomia Politica, del “neoliberismo” berlusconiana: anziché puntare alla espulsione dei suoi abitanti, alla rinnovazione di un Consiglio che, operando, avrebbe evitato o limitato l’attuale disastro).

3. Che, pertanto, un governo mancante della nozione e del senso della legge (per ciò, non è pensabile che abbia senso quando parla di “legalità”, o che abbia senso la sua “legalità”), si attribuisca di optare fra bicameralismo (“perfetto”, rispetto alle leggi di ogni materia, o imperfetto, rispetto alle leggi di qualche materia) e monocameralismo, è politicamente inammissibile. Di siffatto governo, d’altronde, è pensabile che, mentre, da un lato svaluti completamente la legge ordinaria, come mostra il mantenimento del “bicameralismo perfetto” (e la sua “revisione” in bicameralismo imperfetto) per le leggi costituzionali e per le leggi di revisione della costituzione; da altro lato, mediti di contraffare da materia ordinaria la materia “costituzionale” o, peggio, “costituente”, così da sottrarla alla deliberazione del Senato. Avendo, d’altronde, perpetrato la maggiore contraffazione nella materia costituzionale, della legge costituzionale e di revisione della Costituzione, dove, mantenuto, come dicevasi, il “bicameralismo perfetto”, imbottito l’involucro del Senato di amministratori (locali), anziché di legislatori (va rilevato, sulla competenza, alla funzione specifica, degli amministratori locali, che, nessuno, se non i consiglieri regionali, d’essi, è legislatore; va inoltre rilevata la totale esposizione dei “senatori” al governo politico-giudiziario della magistratura penale, esposizione immediata, per mancanza di immunità ex art 68 cost. o mediata, quali amministratori locali liberamente incriminabili: questa esposizione, inoltre, essi la hanno anche verso le gerarchie amministrative statali decentrate, prefetture etc.,, “disciplinari” degli Organi amministrativi locali) dissimula che la funzione legislativa, del Senato, è stata rimessa dalla Costituzione, è rimessa dalla democrazia politica, in ogni materia, ad organi elettivi (vd dopo).

4. Ma la incursione nell’organismo costituzionale, di questo Governo, è profonda e violenta (“andremo avanti a testa bassa”, avrebbe annunciato tale Boschi, “non mollerò di un centimetro”, avrebbe antecipato Renzi, puntando alla “abolizione del Senato”) come poche altre (pur variamente e disinvoltamente grufolanti in ambito). Non tanto né solo perché, nella materia “costituzionale” delle Province, contraffacendola da materia “ordinaria”, ha “legiferato” sulla elettività degli organi provinciali, immanente istituzionalmente ad essi e perciò, con essi, materia “costituzionale”; quanto perché, arraffando qui e là materia “ordinaria” e materia “costituzionale, ha afferrato anche materia “costituente”. Alla individuazione della quale conduce l’art 139 cost.., avvertendo che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”; avvertendo, cioè, che quella “forma” ( veniente dal “referendum istituzionale” del 1946 su “monarchia o repubblica”) è precostituente (e per ciò intangibile) e che la rappresentazione che, di essa, ne fa l’ “ordinamento della Repubblica” (Parte II Titolo I della Costituzione) ne è “sottoforma”, per ciò materia non “costituzionale” ma “costituente”, la repubblica: nell’organo bicamerale del Parlamento (dalla elettività immanente, per artt 56, 57 cost., d’altronde attuanti “la sovranità appart[enente] al popolo che la esercita nelle forme …della Costituzione”, per art 1.II cost.) ed in quelli, (tuttavia) derivanti, del Presidente della Repubblica e del Governo (Titolo II, III). Organo della sovranità del Popolo, legislatore generale della sua volontà, di irradiazione di diritto democratico, costituzionale.

Orbene, prudenti e attenti manipolatori, in passato, di materia “costituente”, inscenarono (per lo meno giacchè non più che surrogato o imitazione di Assemblea Costituente, versosimilmente giuridicamente necessaria) “bicamerali” esclusivamente dalle Camere promananti: la prima, Commissione (bicamerale) Bozzi (1983-1985, nata da due risoluzioni monocamerali simultanee, generanti le componenti d’essa; la seconda, Commissione (bicamerale) Demita-Iotti (1992, 1994), nata e formatasi allo stesso modo (o quasi: per legge costituzionale n1/1993); la terza, Commissione (bicamerale D’Alema) nata e formatasi allo stesso modo (o quasi: per legge costituzionale n.1/1997); “bicamerali” a genesi esclusivamente camerale, dal Parlamento quale (prima) sottoforma della forma repubblicana, quale Organo “costituente”: Nessuno, dei predetti, dubitò della esclusività della prerogativa parlamentare (seppure in veci di Assemblea costituente) e del metodo del suo esercizio. Nessuno dubito della intangibilità d’essa.

Ora, del Governo il cui capo (segretario di partito che rivendica, in una delle sue propalazioni, “democraticità” per essere stato eletto “alle primarie”…), potrebbe ipotizzarsi che, postosi ad addentare materia “costituente” (oppure solo “costituzionale), abbia commesso “usurpazione di potere politico” ( vd art 287 del codice penale)?

10 04 ‘14

pdiaz

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