Legge penale di guerra? |
Scritto da Administrator | |
sabato 07 gennaio 2012 | |
Legge penale di guerra?
La legge penale codifica l'annientamento personale del suo destinatario; per cui, essa, con bella astuzia intertemporale, ha accoppiato carcere e pena corporale, contro la storia che aveva escogitato il primo a superamento “umanitario” della seconda (la quale, peraltro, sopravvive al primo, allorchè, perdurando, quale indelebile marchio d’infamia, sul corpo dello scarcerato, lo perseguita fino alla tomba); ora, essendo, l’annientamento personale, nella estensione che gli assegna la “generalità” della sua fonte, evento e scopo della guerra, non della pace, della relazione al nemico, non all’amico (o ad altri), la legge penale muove guerra (pur a non alta intensità), ai suoi destinatarii; e poiché, per lo più, entro essa, l’illecito è anche lecito, il vietato è anche permesso, il male è anche bene (“prelievo mafioso” e prelievo fiscale, appropriazione comune e “appropriazione” bancaria, spaccio comune e “spaccio” di Stato, strage comune e strage di Stato…), ed i primi (termini, di quegli opposti) hanno a destinatario il popolo, i secondi, i suoi “istitutori”, la legge penale muove guerra al popolo;
d’altronde il suo ciclo vitale è “automatico”, dalla emanazione alla applicazione: ma anche formalmente, è militare, se la applicano organismi militari (carabinieri, guardia di finanza) o paramilitari (polizia di stato); organismi per giunta a comando unico e personale, esteso all’intero territorio nazionale (talora extranazionale), e del quale gli organismi “civili” “apicali”, quelli dei Ministeri (Difesa, Economia, Interno) sono puramente mimetici, trucchi di parvenze non militari, fatui esornatori di “civilità”, del sistema (di fatti, a parte che la direzione civile di un comando militare è funzionalmente militare, l’organismo civile, comunque, è sottoposto a quello militare, se da esso mutua forza, tecnica e modo);
peraltro, agli organismi militari è assegnata, nel processo (di applicazione della legge) penale, la ricerca delle condizioni dell’annientamento personale, sia prima che dopo l’intervento del magistrato (del pubblico ministero);
magistrato, quindi, essenzialmente ricettore dell’opera loro, e, perciò, suo pressoché mero trasmettitore, al processo (di applicazione della legge) penale;
e magistrato che, quando intervenga emettendo giudizi o pronunce (da “giudice”), i quali intercalano un ciclo applicativo a carattere militare, compie necessariamente atti militari;
dunque, un ciclo oggettivamente soggettivamente funzionalmente giuridicamente, militare, quello della applicazione della legge penale, dalla sua emanazione; ma, la legge penale, è legge militare di guerra soltanto dalla emanazione alla applicazione, o lo è anche dalla formazione? Il Parlamento, che la fa, e impartisce ordini militari ai comandi ed ai sottocomandi militari sopra visti, esplica comando militare a sua volta?
(a parte che i comandi e i sottocomandi predetti, avendo colonizzato il Parlamento, legiferano surrettiziamente, in proprio), l’organismo legislativo che codifichi l'annientamento è senz’altro militare (e “bellico”), e comunque è tale quando lo comandi ad organismi militari;
ora, quale è la natura di uno Stato che, dalla legislazione alla esecuzione (sia governativa che magistratuale, “giurisdizionale”) di un suo prodotto (normativo), predisponga organismi militari di annientamento (della popolazione)? uno Stato complesso, stratificato e multifunzionale, che, tra altri, abbia quegli organismi, per di più aventi il maggiore potere dell’uomo sull’uomo, il potere, supremo, di “vita o di morte”, non potrebbe non essere (al meno anche) uno Stato militare;
e poiché, quel potere, è “assoluto” (nulla di fatti limita o regola la opzione, legislativa o esecutiva, dell’annientamento personale), assoluto è lo Stato che lo contenga (tale pur se lo fosse in un solo ambito funzionale), quale potere, d’altronde, senza antagonisti, né interni (l’avvocatura, la più ovviamente votata all’antagonismo, è per lo più coagonista), né esterni (l’apparato “massmediatico” nazionale ne è l’apologeta inesausto);
d’altronde, la celebre Carta del 1948, lo ha costituito, unitamente allo Stato, e di fatti lo prevede e lo regola minutamente:
così che se, per art 27, le pene non potrebbero “consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”, dovrebbero “tendere alla rieducazione del condannato”, non potrebbero dare morte…
singolare tragitto, quello della legge penale, ieri nacque a mitigare e a regolare la potenza di annientamento degli autocrati d’ogni risma istituzionale, oggi se ne è investita, perfino con la Carta, per Costituzione, se tutti gli organismi, militari e paramilitari, della sua formazione e della sua applicazione, sono stati lì (vd passim) , minutamente predisposti. |