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Su una ordinanza ammissiva di azioni civili in processo penale. PDF Stampa E-mail
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Inviato da Pietro Diaz   
lunedì 01 dicembre 2008
“Persona offesa”, “soggetto al quale il reato ha recato danno”, disidentificati da una prassi penalistica ignara, via via sfigurante il diritto soggettivo civile:
su una ordinanza ammissiva di “azioni civili” in processo penale.
1. Una paralogia, o, forse, nelle manifestazioni più tenaci, una mitologia, tende a fagocitare, in prassi profanatrice, la norma giuridica, divulgando che:
1.1 poiché l’art. 74 cpp ammette alla azione civile in processo penale il “soggetto al quale” il reato abbia “recato danno”, non la “persona”, alla quale il reato abbia fatto altrettanto, ammessa in vece dall’abrogato art. 22 cpp, allora:
1.2 il primo sarebbe altri, dalla seconda, e per ciò avrebbe un diritto altro o ulteriore o diverso da quello della seconda, tale (altro ulteriore diverso) , per ciò, anche da quello difeso dal reato, del quale senz’altro è titolare la “persona” (per ciò “offesa” dal reato: art. 120 cp );
2. è certo che la divulgazione, prima di esordire, né si è interrogata attentamente sul senso e le ragioni di quelle variazioni nominali (dall’art. 22 cpp antefatto all’art. 74 citt.), né, tanto meno (e meno faticosamente), ha prestato ascolto ai LLPP dell’art. 74; se avesse prestato una sola delle due cure, avrebbe tosto appreso che, la variazione lessicale era stata studiata:
2.1 per risolvere l’antica disputa se “persona” potesse essere, oltre quella fisica - individuale, quella collettiva non giuridica (potendo certamente esserlo quella giuridica, “persona giuridica”) e si era deciso di chiamarla “soggetto” perché meglio generalizzante, comprensivo;
2.2 e per risolvere l’antica disputa se ’”erede” (dell’art. 22) potesse essere anche il “successore” della persona collettiva giuridica o non giuridica (come si sforzava di sostenere, al limite del lessico, la giurisprudenza del tempo), e si era deciso di chiamarlo “successore universale”, perché meglio generalizzante, comprensivo;
2.3 e, quando lo avesse appreso, avrebbe evitato di rendersi alieno alla interpretazione ed alla norma; o di farlo con eccessi rimarchevoli;
3.ad esempio si è giunti a rilevare che tra i “soggetti” del processo (si suppone quelli del L. I TT. 1 ss cpp), altra è la “persona offesa” e altra è la “parte civile”, per cui questa non si identificherebbe in quella, potrebbe identificarsi in altro soggetto;
3.1 il quale quindi, necessariamente, non avrebbe le facoltà e i diritti della persona offesa (art. 90 ss cpp), talora, perfino, garantiti medianti sanzioni processuali di nullità e di inutilizzabilità, non le avrebbe nè rispetto al “procedimento” né rispetto al “processo”!;
3.2 contemporaneamente la “parte civile”, che dovrebbe esordire nel “processo” preparandosi nel “procedimento”, preparare quello passando per questo, non discendendo da quella “persona”, essendo “soggetto” altro dalla persona offesa, dovrebbe venire al processo uscendo dal nulla, entrare nell’agone impreparata, gettarvisi temerariamente….;
3.3 effetto che non pare apprezzabile, raziocinante (o la parte civile, soggetto al quale il reato ha recato danno, è persona offesa, e quello si identifica in questa, oppure, i primi due, potrebbero essere ospiti, in vece che attori, del processo penale: esemplificando, non avrebbe diritto a citazione, né all’eventuale giudizio preliminare né a qualsiasi giudizio di merito (per “citazione diretta”, “presentazione” dell’imputato a giudizio direttissimo…); conseguentemente, quando costui si affacciasse ai giudizi, lo farebbe per “intervento volontario”, tuttavia processualmente previsto solo per il responsabile civile: ignoto al processo perché ignoto al diritto, penale, che va al processo soltanto con soggetti noti, a sé stesso, e tali in quanto siano espressi nelle sue fattispecie incriminatrici, sul lato della soggettività attiva e su quello della soggettività passiva, eventualmente plurima, in fattispecie “plurioffensiva”, purchè espressamente tale, anche se per fattispecie accessoria circostanziale [si pensi al proprietario dell’abitazione nella quale sia derubato un abitante: artt. 624, 625 cp)]; espressamente tale a scongiurare immigrazioni clandestine, clandestini, “soggetti passivi” ignoti alla fattispecie penale improvvisamente intrusi in quella processuale sotto mentite spoglie di soggetti ai quali il reato avrebbe recato danno!);
3.3.1 ed evitato il quale riprende a consonare, penalisticamente, che chi stia nella soggettività passiva del reato perché in rapporto giuridicamente qualificato col bene difeso, è persona offesa, che è “persona offesa” il soggetto al quale il reato ha recato danno, che è parte civile chi agisca civilmente in processo penale per la restituzione da, o il risarcimento di, esso;
3.4 nei limiti soggettivi delle fattispecie incriminatici, limiti d’altronde della cognizione del giudice penale, che è ammesso a conoscere la fattispecie incriminatrice sia nella parte attiva, quella che ha commesso il reato, sia nella parte passiva, quella che ha subito il reato, e quando queste due parti si soggettivassero, come per lo più accade (esclusi i reati senza offesa o ad offesa soggettivamente indeterminata: offesa del “pubblico”, vd infra), egli, dicevasi, sarebbe ammesso a conoscere di costoro, non di altri, perché di altri, e dell’altro relativo, conoscerebbe altro giudice, di altro sub-ordinamento, con altra giurisdizione ( se la parte passiva, con la sua soggettività, si protendesse oltre l’ambito di offensività della fattispecie penale, cadendo in altre fattispecie, solo il giudice di queste, non di quella, sarebbe competente);
3.5 d’altronde, le ammissioni al procedimento ed al processo penale sono determinate dal pubblico ministero, che ha obbligo di ammettere l’ammissibile, a pena di nullità del subprocedimento inammettente (con la conseguenza che le ammissioni sono fatte riparatoriamente anche dal giudice che annulli quel subprocedimento o che “rinnovi” una citazione, su eccezione di parte o di ufficio) e di non ammettere l’inammissibile (con la stessa conseguenza, a termini più o meno invertiti);
3.6 per conseguenza starebbero dalla parte passiva del reato, e attiva del procedimento o del processo coloro che fossero lì ubicati dal pubblico ministero, il quale, peraltro, non potrebbe chiamali che persone offese o loro successori. Chiamarli così fin dalla iscrizione nel registro delle notizia di reato su per gli atti adducenti alla imputazione, fissandoli qui insindacabilmente, sia in quanto destinatari che in quanto emissari di atti processuali, destinatari tutti d’altronde di posizioni giuridiche passive ed attive, animanti e formanti la intera vicenda processuale;
4. ciò stigmatizza anzitutto la pretesa:
4.1 di P. spa, ignota alla imputazione del reato di truffa e a questo (i quali invece conoscono P. srl), di essere (non più eloquentemente che) “danneggiata” dal reato, e “da tutti gli altri reati” ( anche quelli, come i “fiscali”, che offendono beni e soggetti esclusivamente e autenticamente pubblici, o autenticamente altrui e altri), e di agire quale parte civile nel processo per essi;
4.2 della stessa, ignota alle imputazione di reati di “falsità in comunicazioni sociali” (capi B, C) e ad essi, e a tutte le altre imputazioni e relativi reati (quelli illustrati in 4.1) di essere (non più eloquentemente che) “danneggiata” dai reati e di agire quale parte civile nel processo per essi;
4.3 di T. P. ignoto a tutte le suddette imputazioni e reati (ignoto strutturalmente ai reati di “falsità in comunicazioni sociali”, poiché elevate ex art. 2621 cc, quali contravvenzioni per fatti di ingenerazione di pericolo di danno non cagionative di danno, come peraltro illustra comparativamente l’art. 2622 c.c., e di pericolo di danno verso il “pubblico” non anche verso i soci), (la pretesa) di essere danneggiato e in quanto socio (nei reati di pericolo contro il pubblico!), di essere (non più eloquentemente che) “danneggiato” nei restanti reati (quelli illustrati in 4.1), e di agire quale parte civile nel processo per essi ( si rimarca: la costituzione di T.P. “socio” per danno da reati di falsità (predetti) trasforma, anzi stravolge, nonché la fattispecie giudiziaria, tracciata dalla imputazione del PM, anche quella astratta, la legge incriminatrice di specie!);
5. e stigmatizza anche la pretesa:
5.1 di F. ass. ignota quale soggetto passivo dell’evento alla imputazione ed al reato in capo G, tanto da essere nota ad esso quale soggetto passivo della condotta (generativo, appunto, di danno ricadente su altro soggetto, C.o.), ignota come tale financo alla fattispecie incriminatrice astratta, in art. 640 bis cp, che conosce soltanto Stato ed Enti pubblici (diversi dal primo), e che esattamente ha richiamato il PM quale elemento (C. o. ente pubblico) della (soggettività passiva della) imputazione, mentre F. ass. stessa nell’atto di costituzione si qualifica come associazione con personalità giuridica di diritto privato, cooperante l’attività dell’Ente pubblico ma non pertanto assumentene la qualità soggettiva e funzionale, e neppure condividente essa ( i tentativi di profilare una accessorietà soggettiva e funzionale mutuativa delle qualità dell’Ente acceduto non conseguono il fine per riconoscimento tacito dell’attore medesimo), in somma F. ass. associazione privata di diritto privato non ente pubblico di diritto pubblico, che tuttavia pretende di essere (non più eloquentemente che) “danneggiato materiale” e “non materiale e/o di immagine”, e di agire quale parte civile nel processo per esso (d’altronde, che il reato contro il patrimonio de quo difenda l’”immagine” del leso patrimonialmente, al pari del reato contro la persona, è asserto, peraltro comune a P. spa e T. P., che marca platealmente l’inaderenza al sub-ordinamento di specie).
Ebbene la ordinanza in epigrafe ha ammesso i suddetti ad agire civilmente nel suo processo!
Pietro Diaz
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