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Concorso per avvocatura 2010:
Stalking al candidato, col parere (in proposito) richiestogli all’esame per avvocato...
Ricorso per autotutela PDF Stampa E-mail
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PeggioreMigliore 
Inviato da Pietro Diaz   
mercoledì 26 novembre 2008
COMMISSIONE DI ESAME
PER LA PROFESSIONE DI AVVOCATO
- SESSIONE 2006 –
PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI….
LORO PRESIDENTI
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
SUO RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE
PRESSO LA AVVOCATURA DELLO STATO IN ……

Il Dott. ………..rappresentato…… espone :
- in qualità di candidato, ha sostenuto le prove scritte degli esami per l'abilitazione alla professione di Avvocato presso la Corte di Appello di ….. sessione 2006.
- Corte che, con decreto ministeriale del 7 dicembre 2006, per la correzione degli elaborati, è stata abbinata alla Corte di Appello di …..
- ha riportato per i tre elaborati relativi alla prova scritta i seguenti voti: elaborato di diritto civile: 30; elaborato di diritto penale: 25; elaborato di diritto civile: 30, per un totale di punti 85, meno di quanto necessario per la ammissione alle prove orali, a causa del voto del secondo elaborato (contrassegnato col n….);
di tale voto, inteso atto (giuridico amministrativo) di giudizio, ex art. 14 L. 11 febbraio 2005 (che ha introdotto il Capo IV bis nella L. 07/08/ 1990 n. 241) ed ex artt. 21 octies e 21 novies del Capo cit., per illegittimità ( da violazione di legge e da eccesso di potere ) si chiede, all’ Organo che lo emanato, annullamento, (per e) con nuovo giudizio che esiti nel voto minimo di trenta, e seguente ammissione del candidato alle prova orale ( permanendo d’altronde l'interesse dell'Amministrazione alla legittimità e alla sostanziale equità dei propri provvedimenti, oltre che l'interesse al buon andamento dell'attività amministrativa ex art. 97 Cost.).

Il tema d’esame è il seguente:
“Tizio il 5 gennaio 2005 si reca di notte nei pressi di un cavalcavia posto a protezione della sottostante sede stradale, e per puro divertimento, comincia a lanciare sassi di grande dimensione, sia pure senza avere l’intenzione di colpire gli automobilisti in transito sulla carreggiata. Nel frattempo, un automobilista non riesce a da evitare un sasso e viene colpito riportando ferite gravi. Successivamente, Tizio si allontana indisturbato, ma viene riconosciuto e tratto in arresto con l’accusa di lesioni personali. Il candidato, premessi brevi cenni sul tentativo di reato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere, illustrando la fattispecie criminosa imputabile allo stesso, tenendo presente che Tizio non conosceva la vittima né aveva del luogo del lancio una visuale sull’autostrada”.
Il candidato espone ed argomenta e teorizza:
"La vicenda sulla quale si è chiamati ad esprimere parere si presta a diverse chiavi di lettura, con rilevanti conseguenze in termini di inquadramento giuridico del fatto del quale Tizio sarà chiamato a rispondere. La figura del delitto tentato trova il suo presupposto nella punibilità di condotte non giunte alla consumazione del reato, giustificata dal fine di prevenire comportamenti potenzialmente pericolosi per i beni penalmente tutelati. Il delitto tentato regolato dall'art. 56 c.p. è pertanto un delitto perfetto perché ne presenta tutti gli elementi, nonché strutturalmente autonomo rispetto al reato consumato. L'ipotesi nasce, infatti, dalla combinazione tra la norma incriminatrice di parte speciale e la disposizione di cui all'art. 56, 1° comma. A fini della sussistenza del tentativo, la norma richiede che gli atti integranti la condotta dell'agente siano idonei ed inequivocabilmente diretti a realizzare l'evento. Tale idoneità deve essere valutata secondo un giudizio ex ante ed in concreto, ponendosi psicologicamente nella posizione dell'agente al momento del compimento dell'ultimo dei suoi atti. Il giudice dovrà altresì tener conto dei fatti noti e conoscibili dall'agente e dell'idoneità causale degli atti a realizzare l'evento. Il requisito dell'univocità, peraltro, va inteso in senso oggettivo, cioè con specifico riferimento all'evento concreto voluto dall'agente. La punibilità del tentativo a titolo di colpa e di dolo in forma eventuale è tradizionalmente esclusa da giurisprudenza e dottrina concordi, in quanto incompatibili col requisito dell'univocità degli atti. L'elemento soggettivo richiesto, quindi, è integrato esclusivamente dal dolo in forma intenzionale e diretta. Applicando i principi di diritto esposti al caso de quo, la condotta di Tizio appare causalmente e concretamente idonea a produrre un evento di lesioni o il più grave evento morte. In casi analoghi a quello affrontato talune pronunce della Suprema Corte hanno ritenuto di poter configurare una responsabilità per dolo omicidiario alternativo diretto (Cass. Pen. 19897/03, 5436/05). Nel caso prospettato, tuttavia, l'accusa formulata in capo a Tizio è quella di lesioni personali ex art. 582 c.p.: la stessa Procura, infatti, ha ritenuto che la condotta di Tizio non integri gli estremi del tentato omicidio. A questo punto, per alleggerire la posizione di Tizio è opportuno chiedersi quale sia l'elemento soggettivo del delitto di cui è stato accusato. Tizio, infatti, non aveva alcuna intenzione di col pire gli automobilisti in transito sulla carreggiata ma agiva per puro divertimento; non conosceva altresì la vittima né poteva vedere l'autostrada dal luogo di lancio. Vi è quindi l'assenza di una precisa volontà di cagionare le lesioni, nonché una rappresentazione incompleta ambientale. L'accertamento dell'elemento soggettivo si colloca quindi in limine fra il dolo eventuale e la colpa cosciente. Sulla base della ricostruzione dei fatti sopra svolta, a parere di questo legale vi sono valide ragioni per prospettare la derubricazione dell'accusa da lesioni personali gravi con dolo eventuale ex art. 582, 2° comma, in lesioni colpose aggravate dalla colpa cosciente ex artt. 590 e 61 n. 3 c.p. Infatti mancava in Tizio la volontà di accettare il rischio che l'evento si verificasse, pur essendosi rappresentato concretamente tale possibilità. Tizio andrà comunque avvertito che il capo di accusa di lesioni volontarie potrà essere mutato in quello di tentato omicidio, qualora l'autorità procedente ritenesse di aderire all'attuale orientamento della Suprema Corte sopra citato".
Siffatto “elaborato”, secondo la Commissione sarebbe: ......insufficiente e contraddittorio nelle conclusioni. Affermare come ha fatto il candidato che possa configurarsi l’elemento soggettivo della colpa cosciente e di conseguenza l’ipotesi delittuosa delle lesioni colpose è circostanza che denota una superficiale conoscenza degli istituti del diritto penale.
Orbene:
Quali siano le ragioni della insufficienza e della contraddittorietà, non lo spiega, se non (forse) nella obiezione che “affermare.... che possa configurarsi l’elemento soggettivo della colpa cosciente e di conseguenza l‘ipotesi delittuosa delle lesioni colpose è circostanza che denota una insufficiente conoscenza degli istituti generali del diritto penale”. Obiezione che, comunque, se spiegasse l’ insufficienza, non spiegherebbe la contraddittorietà (che, per giunta, ascritta alle “conclusioni”, non indica la premessa!). Qui la motivazione è (perfino graficamente) mancante, quando costituisse requisito della legittimità del “giudizio” (art. 3 L.241/90), questo, illegittimo, andrebbe annullato. D’altronde, la motivazione della “insufficienza” sarebbe come mancante, o, comunque, inconferente, se l’obiezione errasse ( e anche per ciò porterebbe annullamento). Ed essa effettivamente erra, ove, dell’”elaborato“, davanti al tema, ritiene la in”configura”bilità del”l’elemento soggettivo della colpa cosciente e di conseguenza l’ipotesi delittuosa delle lesioni colpose“; tanto che nemmeno accenna a spiegarsi. Tentando di capire (per ipotesi): se la in”configura”abilità attenesse (nella meno plausibile delle ipotesi), la relazione astratta tra quella specie di colpa e quel reato, poichè questo, ogni reato colposo (secondo l’informazione, didascalica, che ne dà l’art. 43.3 c.p.) il cui attributo ( “colposo”), non sia espressamente eccettuato nei “gradi” (art. 133.1, 3) c.p.) o elementi, li contiene virtualmente tutti, particolarizzandoli soltanto nell’avvenimento concreto ( onde la colpa è “cosciente” o “incosciente”, “con previsione” o senza previsione, in varia misura, etc.), l’obiezione, ovviamente, errerebbe. Essa d’altronde non parrebbe riguardare le definizioni, poiché, l’”elaborato”: segnalando “colpa cosciente” e con previsione dell’evento (“colpa…aggravata ..ex art. 61.n. 3 c.p., , dice ellitticamente), tende ad escludere (a differenza del “giudizio”, invero, che evoca la prima, soltanto) sinonimie dei termini, definendosi scientificamente, d’altronde, col primo, la “colpa” la cui azione (od omissione), raggiunga la coscienza (come autoriflessione del comportamento concreto), e, simmetricamente, “colpa incosciente” quella la cui azione (od omissione) non la raggiunga (comportamento fuori della veglia: del sonno, riflesso, automatico, per ciò “incosciente“); e a distinguere (implicitamente), cioè, che coscienza o incoscienza, della colpa, attengono l’azione (o l‘omissione), per quanto si trarrebbe dall‘art. 42.1 c.p., non l’evento, cui invece attiene la previsione (il secondo dei due termini, che, ovviamente, potrebbe diramarsi solo dalla colpa cosciente, non incosciente), non solo, testualmente, ma anche logicamente, per artt. 43.3 e 61.n.3 c.p.: sia perchè non è mutabile, dall’interpretazione, l’oggetto espresso della previsione, sia perchè, se lo fosse, e questa fosse trasferita sulla azione, da un lato la colpa sarebbe prevalentemente “con previsione” (per la prevalenza statististica, nella esperienza giudiziaria, della azione cosciente su quella incosciente) e sarebbe parimenti aggravata ex art. 61.3 c.p. ( con seguente contrazione dello snodo tra fattispecie semplice e fattispecie circostanziata e tra disposizione di legge generale e speciale, se la “specializzazione” del contenuto della prima fattispecie dalla seconda segna, credibilmente, il rapporto tra queste), dall’altro lo sarebbe fuori dei casi espressamente previsti (art.1 c.p.) quante volte “prevista” l’azione ( o l’omissione) non lo fosse l’evento! Dunque l’obiezione non potrebbe muoversi sul piano delle definizioni, pur potendo essere assistita da prevalente “giurisprudenza” (quella che probabilmente ha suggerito l’espressione del “giudizio”, sulla scia a sua volta di dottrina minore, di “pratici”), non sufficientemente avvertita, tuttavia, delle conseguenze della sinonimia dei termini. Per cui è pienamente sufficiente (e non contraddittorio), davanti alla scienza, ed alla “scuola” , l’”elaborato” che reli reato di lesioni colpose a “colpa cosciente” (e con previsione dell’evento). Tale, e inoltre conscio degli “istituti generali” (se tra questi fosse situabile quello, particolare, di specie). L’affermazione dell’opposto richiederebbe motivazione (irreperibile), senza la quale essa rischierebbe di ritorcersi. Se, poi, il grado della “conoscenza” (“insufficiente“), fosse esteso, oltre il tema del rapporto tra colpa e reato, al resto dell’”elaborato”, esso non errerebbe meno. Alla esortazione a “preme”ttere “brevi cenni” sul “tentativo di reato” (non sarebbe stato disapprovabile che il genitivo fosse detto, meglio, “delitto”: art. 56 c.p.), sebbene il reato attribuito fosse: “lesioni personali” e sebbene contro esso fosse sollecitata l’assunzione delle “vesti del legale” (nè sarebbe stato disapprovabile che il “genitivo” fosse detto, meglio, “difensore”, non potendo essere più equivoco, per quanto lessicale, quello usato, forzante un aggettivo ad essere sostantivo), “legale” certamente patrocinante inopportunamente (se non infedelmente) ove avesse argomentato il “tentativo di reato” (è lecito supporre: “reato” di omicidio, più accusatorio che difensivo, ovviamente), orbene a tale esortazione ( incongrua dunque, tanto più chè sollecitante a “preme”ttere, a conclusioni,evidentemente, del tutto eterogenee ), l’elaborato si sofferma, sul tema, con compiutezza, scolastica, indicativa di pari conoscenza, con appropriatezza linguistica, e riferisce ineccepibilmente: degli atti basanti la condotta del delitto tentato, dei loro attributi, quello della idoneità e quello della direzione “inequivoca” alla commissione del delitto; dei criteri di accertamento di essi, del momento di questo rispetto a quelli della esecuzione del fatto; della base dell’accertamento, se “totale” ( quanto l’agente ignori e quanto sappia, e quanto si sappia, o prima o poi: ex ante, ex post ) o parziale (quanto l’agente sappia e si sappia, o, nella aberrazione oltranzistica di taluna giurisprudenza, non sapendo potrebbe sapere! ); delle forme del dolo compatibili col delitto tentato, non tacendo dell’ultima moda (in Cassazione), del “dolo alternativo e diretto” (si reputa improbabile che, l’obbiezione, all’”elaborato”, di “superficiale conoscenza degli istituti generali…”abbia avuto a criterio siffatta giurisprudenza!) , escogitata con astuzia nominalistica a surrogare senza mostrarlo il “classicamente” incompatibile “dolo eventuale” ( tale, in effetti, non tanto per ciò che si vocifera intorno alla indirigibilità inequivoca, di atti di tentativo, ad un evento solo “eventuale“, indiretto, non diretto, al seguito del quale in realtà starebbe, quanto perché, il dolo eventuale, storicamente, attiene solo l’evento che si avveri, e che, avverandosi, “consumerebbe” il delitto!), moda che, tuttavia, sia che l’alternativa avesse ad oggetto eventi di lesioni e di omicidio (peraltro, mentre il secondo, che succeda al primo, potrebbe “alternarlo”, non potrebbe il primo, precedendo necessariamente il secondo; per ciò la alternatività degli eventi sarebbe imperfetta, insieme alla forma, del dolo, relativa), sia che (l’alternativa) avesse ad oggetto soggetti passivi: quello o quell’altro purchè qualcuno, nella previsione e nella volontà dell’agente (caso, in vero, di “dolo indeterminato”, ad incompatibilità, rispetto al “tentativo”, maggiore del “dolo eventuale”), dovendo il dolo alternativo essere “diretto” (ciò pretende, rettamente, Cassazione” detta ), (anche) ad imitare la direzione di quello, e degli atti che innervi, in art. 56 c.p., poichè tal direzione postula previsione ( e volontà) dell’evento concreto, cioè dell’insieme naturalistico degli elementi che lo compongano, di tutti gli elementi che lo concretino (soggetto passivo, portata del lancio su esso, vulnerabilità di esso: per autovettura non blindata etc in questo caso), previsione dell’evento e della sua possibilità alla stregua della causalità della azione, e della sua conseguenzialità dalla azione (art.40.1 c.p.) , poichè tale previsione, nell’”alternatività ” degli eventi e del dolo, è in specie mancante (secondo il tema: “Tizio….per puro divertimento comincia a lanciare sassi, senza avere l’intenzione di colpire gli automobilisti in transito sulla carreggiata...non conosceva la vittima nè aveva del luogo una visuale sulla autostrada”), il surrogato del “dolo eventuale”, il “dolo alternativo diretto” sarebbe teoreticamente inerme ( l’ultima moda non avrebbe successo). Rettamente dunque l’”elaborato” ha escluso il “tentativo di reato” e, assunte “le vesti del legale” davanti ad un addebito di reato di “lesioni personali“ ( più plausibilmente doloso che colposo: l’uno e l’altro nominano “lesioni personali”, il secondo ha tuttavia in rubrica l’attributo colposo: artt. 582-583, 590 c.p.) potendo dirigere l’ argomentazione difensiva a negare il dolo anche indiretto o eventuale o a sostituirlo con la colpa, (dato che la negazione del dolo avrebbe successo effimero potendo essere modificata l’imputazione, ex artt. 516, 521.2 c.p.p., quando la modificazione, addirittura, non avvenga de plano secondo sviate prassi della contestazione implicita), va verso questa. Se Tizio “non aveva intenzione di colpire gli automobilisti in transito”, se “ non conosceva la vittima” e sopratutto, “non aveva del luogo del lancio “una visuale sulla autostrada”, se non aveva in altre parole, previsione dell’insieme degli “elementi situazionali” preponibile a ricevere e concausare, con l’azione, l’evento concreto, se, per ciò, ogni specie del dolo era negabile (anche quella del dolo “eventuale”, o indiretto, non solo perchè esso postula previsione e volontà non meno di ogni altro: se si appagasse di accettazione del rischio di evento, o dell’evento, esulerebbe dal genere del dolo, per teoria che qui può solo cennarsi, e a malgrado di sviate prassi e dottrine surroganti indebitamene la volontà dell‘evento previsto con l‘accettazione di esso, e perfino del rischio di esso! Non è escludibile, invero, che l’addebito di “superficiale conoscenza degli istituti generali…. venga, anche, da quella surrogazione, micidiale per la teoria del dolo adeguatamente distinta da quella della colpa, per il dolo e per la colpa in definitiva ! sul punto potrebbe, volendosi, vedere, in www.archiviogiuridico.it ), poichè (Tizio) avrebbe potuto prevedere quell’insieme, ed anzi lo prevedeva ( donde “colpa con previsione”) come possibile e possibilmente pericoloso di evento astratto, e potendo prevedere anzi prevedendo avrebbe dovuto farlo, prevedere cioè l’evento concreto, e conseguentemente astenersi dal lancio dei sassi, (Tizio) era certamente in colpa, nel cagionamento dell’evento a causa di imprudenza (atto contrario alla omissione dovuta) ed a causa di negligenza nella valorizzazione della previsione della possibilità dell’evento concreto (omissione dell‘atto dovuto), esattamente quella del dolo ( previsione inoltre animata dalla volontà, entrambe forze interne della direzione della azione alla causazione di un evento concreto: “la chiave” della distinzione tra la previsione senza volontà e previsione con volontà dell’evento è che la prima “pensa” un evento astratto, la seconda un evento concreto). D’altronde il “dolo eventuale” divorante (indecentemente) la “colpa con previsione” si configurerebbe, storicamente (e senza deroga espressa dalle norme odierne) nel (l’almeno) doppio evento, l’uno diretto l’altro indiretto, entrambi illeciti penalmente e dolosi ( laddove in specie quello diretto è “lecito” o “amministrativamente”, davanti il CdS, illecito, ma se fosse penalmente illecito, sarebbe colposo: l’agente non aveva visione della autostrada). La mancanza dell’”evento diretto” a “dolo diretto” esclude il dolo in questione.
PERTANTO SI CONFERMANO LE RICHIESTE IN ESORDIO ESPRESSE, PER I VIZI DELLA MOTIVAZIONE EVIDENZIATI, GENERANTI OLTRE VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 3 L. 241/90), ECCESSO DI POTERE.
Si produce:
1)Copia dell’elaborato contrassegnato con il n. ………….
La Commissione esaminatrice, emittente la valutazione esposta e criticata, ha dichiarato di non poterla annullare in “autotutela”…..
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